Racconti e Canzoni per le fredde sere d'inverno

RACCONTI E CANZONI PER LE FREDDE SERE D’INVERNO
(Editrice Libri, Firenze 1985, pagine 96, esaurito, ne possiede alcune copie solo l’autore)

IN BREVE
Racconti e Canzoni è una miscellanea di incisivi scritti nati dall’osservazione angolata del quotidiano, venato da una flebile luce fantastica. I racconti sono svariati e di svariato tono. toccano argomenti e situazioni di attualità enfatizzandoli e ridicolizzandoli; descrivono figure singolari che escono dalla norma e nel contempo la giustificano; evadono dalla realtà per pungerla, sovente, da posizione privilegiata.
Il linguaggio, spesso allusivo, non riflette volutamente sulle cose, ma sprona la riflessione e stimola la critica insinuandola tra le righe.
«Per le fredde sere d’inverno» è un invito a spegnere il televisore, a tornare alla lettura così dimenticata, almeno alla sera quando la giornata lavorativa, coinvolgente, è finita.
Riporta a quelle sere di non tantissimi anni fa (ma paiono millenni) quando, dopo cena, si parlava e ci si raccontavano le storie, magari confortati dal caldo del camino, mentre fuori infuriava la bufera. È quel fuori tempestoso che anche oggi tormente e spinge l’immaginazione a esorcizzarlo, raccontandolo.
Le canzoni che intervallano i racconti sono magiche.

RACCONTI E CANZONI PER LE FREDDE SERE D’INVERNO
presentazione di Giulio Galetto
critico letterario


È in libreria una raccolta di “Racconti e canzoni per le fredde sere d’inverno”, opera prima del veronese Gaetano Bellorio che, con un titolo così esplicitamente invitante –nel segno del recupero del ‘buon tempo antico- alla parola scritta come antidoto ai tanti frastornanti suoni e alle tante insignificanti immagini del nostro tempo, invoglia a una lettura raccolta e meditata. A me pare che valga la pena di accettare l’invito: i quattordici racconti (intercalati da altrettante “canzoni” che, pur ricche di un contenuto appassionato e impegnato, si presentano con un modulo compositivo meno convincente nel suo impianto oscillante fra ambizione gnomico-filosofica e abbandono lirico) si leggono col piacere che danno le cose che, mentre ci attraggono per la loro capacità di inventare una trama narrativa coinvolgente, ci arricchiscono anche con la pregnanza di seri stimoli meditativi, di vivi spunti critici.
Un ingrediente importante di questa narrativa di Bellorio è un fondo di risentita attenzione a certi aspetti distorti della realtà sociale dei nostri giorni, al capovolgimento di certi fondamentali valori morali; questa componente si incrocia con una vena di fantasia fiabesca, rivolta ora, nel segno di un gusto quasi naif, a effetti di sentimentale tenerezza, ora a graffi decisamente agri. La misura breve del racconto si rivela funzionale rispetto a questi contenuti e a questi modi dell’ispirazione, perché consente di stringere il nodo essenziale del tema affacciatosi alla fantasia dell’autore in una rapida ed efficace essenzialità.
L’aspetto più interessante è la tendenza di Bellorio a far lievitare quasi inavvertitamente, da uno spunto narrativo che inizialmente sembra di lineare realismo, una specie di sotterranea vibrazione e insinuazione del linguaggio narrativo fino a toccare punte di inquietanti deformazioni quasi surreali. E quando l’intento polemico o critico sottinteso a questa operazione si attua attraverso modi meno vistosamente esibiti, più sfumati e allusivi, il racconto di Bellorio diventa davvero godibile. In questa linea è, per esempio, la prova che mi è piaciuta di più, “Accettazione di nomina”; qui la vicenda di un vecchio professore che vede rovinata dalla dura ruvidità della burocrazia l’attesa di quello che dovrebbe essere il suo ultimo -–vivo e luminoso- anno di insegnamento, raggiunge una sua composta misura di piccolo dramma nel quale, sul sorriso iniziale, prevale via via un’umanissima amarezza. Mi è sembrato di vedere, dietro questa scrittura –non so se voluti o no- fantasmi tra cecoviani e buzzatiani. È la strada su cui mi piacerebbe che Bellorio camminasse ancora: potrebbe mantenere alcune delle promesse già contenute in questi “racconti per le fredde sere d’inverno”.