“CUORE DI TOPO”, viaggio del topo Piller nel terzo
millennio
(Paoline Editoriale Libri, Collana “Grandi storie giovani lettori” Milano
1999, pagine 64 lire 14.000, euro 7,23). Tradotto in spagnolo per l’America
Latina.
La si trova nelle librerie Paoline e San Paolo.
Ideatrice e disegnatrice delle immagini Emanuela Recchia
Cuore di Topo è una favola per bambini e ragazzi ormai letta da migliaia di
bambini della scuola elementare.
È stata trasposta in testo teatrale e rappresentata dai un’intera scuola
elementare.
È stata comperata alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte
dall’editrice “La Buena Prenza” di Città del Messico e tradotta in
spagnolo per l’America Latina col titolo “Corazon de Raton”.
LA FAVOLA IN SINTESI
Il topo Piller è il protagonista di una serie di avventure che lo fanno
transitare nel mondo umano di cui si innamora.
CUORE DI TOPO
presentazione di Elisa Zoppei
Università di Verona
esperta in educazione alla lettura
Nato come favola raccontata oralmente dall’autore ai suoi figli, Cuore di
topo è diventato, nel tempo, un lucido racconto per bambini e ragazzi che
si presta piacevolmente anche ad una lettura adulta. Con linguaggio in bilico
tra fantasia e realtà, riesce ad affrontare svariati e brucianti argomenti
accostandoli con i toni delicati del rispetto e della sincerità. Attraverso le
avventure e i pensieri di un topo che osserva il mondo “dal basso” e quindi
dal punto di vista dei piccoli -anche di statura oltre che di maturità-
Piller, il topo che aspira a diventare un uomo, s’insinua nei desideri perenni
del cuore, nelle fami di sempre, nella sete di un mondo “diverso”, più
umano, più giusto, più amoroso, più vero. Desideri che si acuiscono man mano
che il mitico Terzo Millennio incalza ed esprime sempre più vistosamente le
enormi potenzialità benefiche che giacciono depositate in esso come tesori
nascosti.
Piller, che vive nei cunicoli sotterranei della città e che parrebbe perciò
distante dalla luce, come un minatore che sale verso la superficie, rimane
abbagliato e affascinato dalla luminosità del sole, dai chiaroscuri umani, da
quel qualcosa in più che gli uomini possiedono e che gli animali non hanno, che
in natura non c’è. E, come coloro che si affacciano per la prima volta alla
vita e scoprono tutto nuovo, guarda con occhi puri le situazioni esistenziali
nelle quali si imbatte. Il suo è un lavoro di scavo, vuole sterrare le gemme
che le incrostazioni della vita hanno nascosto. Esplora il Nuovo Mondo Umano che
il millennio nuovo annuncia e prepara e, in una qual misura, vi riesce. Gradino
dopo gradino sale la scala che fa umano l’uomo -dall’intelligenza
all’amore, dall’amore alla reciproca comprensione, dalla solidarietà alla
morte- ma all’ultimo scalino si ferma. È il suo “limite”, la linea
che non può varcare, pena (o premio), il mutamento della sua natura: da topo a
uomo, da uomo a Figlio. Quindi torna alla sua città sotterranea, alla sua
condizione, ma con un cuore che batte ora in maniera diversa, quasi
all’unisono con le emozioni tipiche dei bambini, ma con una voglia
incomprimibile di riemergere e riprendere il viaggio che ha dovuto interrompere.
L’andamento della scrittura, lo stile scorrevole e il linguaggio piano di
Bellorio (non nuovo alle prove narrative) riescono a rinverdire l’abitudine al
dialogo non banale tra bambini e adulti disseminando nel racconto,
inavvertitamente, il profondo bisogno di dirsi le cose.